31 gen 2012

Due parole su Thiago Motta

Tanto tuonò che piovve, quando personalmente non me l'aspettavo più.
Thiago Motta è un giocatore del Paris Saint Germain.
E' il caso di spendere due parole su un'operazione simile. Da parte di uno dei primi sostenitori del brasiliano d'Italia.

Thiago Motta è arrivato all'Inter quasi a sorpresa due anni e mezzo fa, una sorta di allegato dell'operazione Milito. Nessuno dei tifosi comprendeva davvero la mossa del suo acquisto pur dopo l'ottima annata della rinascita sotto la guida di Gasperini, salvato per caso e per scommessa da Preziosi in persona, perchè il giocatore aveva poco clamore attorno a se. A torto.
L'importanza e il talento di Thiago erano ampiamente sottovalutati a causa del suo passato. Scaricato dal Barcellona, sua masia d'origine, con tanti, troppi drammi fisici alle spalle. Un'etichetta di giocatore finito difficile da staccare.
Per caso o per fortuna, dicevamo, Preziosi lo valorizza e probabilmente lo offre alla società nerazzurra, intravedendo una ghiotta plusvalenza. L'Inter ci punta e il resto è storia.

Purtroppo il revisionismo è pratica veloce, e la maledizione dell'uomo in particolare calcistico è dimenticare.
Motta all'Inter ha sempre avuto dei problemi.
La prima categoria di problemi è di ordine tattico. Il brasiliano è giocatore più unico che particolare, difficile da mettere nelle migliori condizioni di esprimere il suo talento (che è molto) innanzi tutto per motivi dinamici. Ha fisico, ma è lento e fatica a coprire lo spazio sia nel breve che sull'allungo, il che lo porta a lasciare spesso campo all'avversario nella fase di copertura, e anche nel contrasto a volte è approssimativo. Tecnicamente è fortissimo, si esalta nel fraseggio palla a terra ed è ottimo negli inserimenti, che però difficilmente sfrutta in quanto per coprire un suo movimento deve spostarsi l'intero reparto. La sua capacità di gioco impone di schierarlo in mezzo al campo più che defilato come interno (dove è limitato dalla visione parziale del campo e dal dinamismo), ma bisogna coprirlo con la corsa di altri giocatori per evitare rischi in difesa. La dimostrazione sono stati i 6 mesi di Leonardo, quando è nato Motta davanti alla difesa, e basta rivedere le partite col Bayern Monaco per capire quanti problemi potesse dare quando tutto non girava al meglio. All'Inter è sempre stato incostante, con qualunque modulo e compagno. Per vocazione ha sempre gestito molti palloni, ma alcuni errori banali li ha concessi spesso.
La seconda categoria di problemi sono quelli fisici, che ne hanno contraddistinto la carriera. All'Inter ha avuto lesioni muscolari, un'operazione al ginocchio e un'infiammazione allo stesso che di fatto ne hanno dimezzato l'utilizzo nell'ultima stagione e mezza. Un peso non da poco per un giocatore che per caratteristiche è un punto di riferimento per i compagni, aggravato dalla sua convocazione in nazionale italiana, che ne ha aumentato il chilometraggio annuo (emblematico l'infortunio con l'Italia prima ancora di iniziare il campionato con l'Inter).

Parliamo però di un titolare dell'Inter degli ultimi anni. Un giocatore cardine per personalità, capacità di pensare in verticale, gestione del gioco e anche gol. Tutto ciò testimoniato dai numeri dell'Inter con o senza di lui in campo. Cederlo è ovviamente un rischio, anche grosso, e farlo a Gennaio un moltiplicatore visto che cambi degli equilibri già consolidati senza il tempo nè di cercare un sostituto ponderato nè di rivedere con calma l'assetto tecnico di squadra.
La cessione di Motta è un evento che ci poteva stare, all'interno di un progetto, di un'idea ben precisa anche di rinnovamento.
L'italobrasiliano classe 1982 andava in scadenza nel 2013, è sempre a serio rischio infortunio e per caratteristiche è un giocatore a cui devi costruire attorno l'impianto più adatto possibile a valorizzare il suo talento e coprire i suoi problemi. Se ce l'hai lo schieri titolare, accetti un certo discorso tattico e il rischio che ti salti mezza stagione. Sapendo che per caratteristiche un suo back-up vero non lo troverai mai.
Detta in breve o ci punti adesso e in futuro come titolare o è più un rischio che un beneficio, specie andando a scollinare oltre i 30 anni. La scelta era o rinnovare subito (forse creandosi dei problemi in casa visto che ci sono altri giocatori in scadenza che ancora aspettano) o cederlo subito.
Sul filo di lana si è scelto.

Addio Thiagone e grazie di tutto.

30 gen 2012

Martedì con Aguante Futbol

Assieme ai redattori di Aguante Futbol, facciamo il punto sull'attualità attraverso 4 domande.

1)
A cosa serve la squalifica per bestemmie se poi nei fatti non si riesce mai a stabilire se il labiale è netto?

G.B.: Non serve. E' una regola approvata in fretta e furia per non si sa quale motivo e dimenticata con la stessa velocità. Salvo casi particolari in cui può essere comodo riportarla sulle prime pagine dei giornali.
G.D.C.: A nulla. E' il classico esempio di un attacco isterico di bigottismo che poi nei fatti non si ha il coraggio di applicare. Specie coi forti.
Pile: A prescindere dal fatto che possa servire o meno, o possa funzionare o meno per via del labiale, è il sistema italiano (o più nello specifico il sistema calcio) a non essere adatto ad una regola del genere
A.L.: Un'altra legge inefficace e sterile che in diversi casi ha assunto connotati ridicoli. Inutile rimarcare come il fermo dogma della 'legge uguale per tutti' di fatto non viene mai messo in pratica e applicato. Parlano i casi avvenuti finora; non voglio accennare a parzialità nel giudicare, ma di certo una manifesta variabilità.

2) Mancini: "Datemi più soldi per il mercato e stenderò il Manchester United".

G.B.: Mi sembra una richiesta sensata, in un mercato dopato dagli sceicchi (Malaga e PSG) e dagli Abramovich di turno è giusto che anche l'umile Manchester City abbia il diritto di poter acquistare qualcuno senza doversi accontentare di seconde o terze scelte.
G.D.C.: Richiesta un pò forzata, che messa così sa tanto di bambino viziato. La Coppa d'Africa causa sempre dei problemi, e prima o poi qualcuno dovrà pensare come risolvere la questione.
Pile: Mi sembra una richiesta un pò forzata, ma Mancini ha sempre fatto così, lo fece anche all'Inter dopo una Supercoppa vinta e dopo che Moratti aveva già assecondato tutte le richieste. Può sembrare una presa di posizione arrogante e presuntuosa, per me è sintomo di personalità. Mancini ha tante carenze, ma la faccia tosta non gli manca e questa per me è una qualità.
A.L.: Più che forzata direi piuttosto stravagante, entra di diritto nei colmi calcistici.
Il parere è sempre quello, Mancini e il Manchester City alla fine riusciranno a portare a casa la Premier League, mercato o non mercato che sarà.


3) Ad oggi, Pato giura amore al Milan e impedisce l'arrivo di Tevez. Il Milan ci guadagna o ci perde?

G.B.: Nell'immediato, nonostante il prolungato stop di Tevez, il Milan a mio avviso ci perde. In ottica futura è difficile fare previsioni, perchè come avete giustamente detto Pato ha davanti un'intera carriera ed è tutto nelle sue mani.
G.D.C.: La risposta può darla solo la futura carriera di Pato. Ad oggi il milanista ha di sicuro ottimi numeri, ma è un giocatore con più limiti che pregi. Non ultimi il carattere, il rapporto con Ibrahimovic e quello con Allegri, cose non esattamente secondarie per rimanere al Milan. Tevez doveva essere un'occasione quasi gratis, ma al variare delle condizioni c'era poco da inventarsi.
Pile: Difficile da dire. Pato è un giocatore che, a 22 anni, ha già dimostrato tanto, ma vive un momento difficile. Allo stesso tempo, anche Tevèz è un grande giocatore in un momento un pò così. Io penso che solo la società Milan o gli addetti ai lavori possono conoscere a fondo pregi o difetti di questa (non) operazione.
A.L.: E' veramente una cosa impossibile da prevedere –e sarebbe altrettanto insensato provare a farlo–. Fare un confronto, mettendo in contrapposizione le abilità dei due sarebbe velleitario, poiché sono troppi i fattori e le variabili influenzanti che alla lunga potrebbero rivelarsi determinanti. Pato ha dalla sua l'età, un potenziale ancora da esprimere appieno –o perlomeno farlo con continuità, dimostrare di poter tenere un'intera stagione ad alto livello–, e la garanzia che comunque vadano le cose rimarrebbe nel "calcio che conta" –perchè saranno sempre parecchi i Club alla finestra per lui.
Il valore di Tevez, per quanto mi riguarda, è sempre stato fuori discussione, un fuoriclasse che molto probabilmente attualmente può dare di più –del Brasiliano–, ma è l'instabilità dimostrata e puntualmente venuta fuori ovunque è andato che da qualche grattacapo. L'impressione è che messo a suo agio, Tevez > Pato; ma appunto rimane un'impressione troppo opinabile.


4) Al Porto arriva Danilo, talento brasiliano abbastanza dimenticato negli ultimi mesi. Che impatto potrà avere col calcio europeo?

G.B.: Arrivare al Porto lo aiuterà ad adattarsi senza eccessiva pressione al calcio europeo, iniziando in un campionato a metà strada fra l'anarchia brasiliana e i tatticismi del vecchio continente. La squadra di Pinto da Costa potrebbe essere l'ambiente ideale per un giocatore ancora tutto da impostare come lui.
G.D.C.: A me il giocatore è sempre piaciuto, sono molto curioso di vederlo. Magari nel suo ruolo, a centrocampo, perchè da terzino è sprecato e avrebbe veramente troppo da imparare, come dimostra l'altalenante Mondiale Under 20. Col suo dinamismo e la fisicità potrebbe essere una valida opzione anche per la nazionale.
Pile: Il Porto mi sembra essere la squadra giusta per un giovane promettente sudamericano come Danilo. Devo dire che il giocatore non è fra i miei preferiti, anche se la sua duttilità è una qualità importante. Il fatto che, come si dice nella domanda, possa esser stato un po' dimenticato porta un po' alla luce il problema dei giocatori sudamericani, nel senso che spesso in patria li enfatizzano sopratutto per questioni di mercato e forse questo suo accantonamento anche mediatico potrebbe dipendere dal fatto che è stato ceduto da mesi.
A.L.: Può essere la tappa perfetta, il club con un'ottima caratura che gioca in una nazione non rientrabile e non definibile di 'prima fascia', ergo il massimo per l'ambientamento, con un comunque distinto livello di gioco competitivo. Il Porto in particolare poi, non devo dirlo io quante promesse ha prelevato dal Sud America facendole esprimere al massimo -e talvolta anche più- in Europa [..] è una trama già vista.
Il profilo del giocatore, nell'ultimo periodo in particolare, è stato un po' altalenante nelle prestazioni, ma il talento è stato dimostrato -parla anche l'esborso per lui-.
Ha tutte le carte in regola per far bene, e andar progressivamente migliorando.

25 gen 2012

Clasico de Copa, ritorno

Dopo l'andata, con quel risultato ottenuto in quel modo, nessuno si aspettava qualcosa dal Real Madrid in trasferta a Barcellona.
Invece el clasico è riuscito a regalarci una partita imprevista, bella, nervosa, emozionante, con tante contraddizioni ma soprattutto, finalmente, aperta.
Il Barcellona ha giocato e il Real Madrid ha giocato.

Mou nella sua storia contro i balugrana da tecnico blanco ha mandato in campo praticamente tutti gli uomini a sua disposizione. Per l'ennesima volta inizia con una formazione diversa, per certi versi a sorpresa, sicuramente offensiva. La difesa vede Arbeloa a destra, Pepe e Ramos centrali, Coentrão a sinistra, mediani solo Xabi Alonso e Lass, in attacco un trio inedito con Özil, il redivivo Kakà e l'imprescindibile Cristiano Ronaldo a supporto di Higuain. Scelte nuove, sicuramente dettate dalla palese incapacità mostrata dalla sua squadra nel gestire la manovra d'attacco senza giocatori con doti di regia in campo.
Un Real come piace ai tifosi, una squadra coraggiosa che dà veramente tutto nella prima mezz'ora forse anche per zittire certe voci di dissidi interni, cercando un gol che non arriva per errori banali quanto clamorosi e una traversa del turco-tedesco.

E il Barcellona?
Strano a dirsi specie al Camp Nou, ma soffre, soffre e balla paurosamente sugli sbandamenti di una difesa veramente in affanno. Guardiola presenta il suo 4-3-3 nella versione più pungente, con Fabregas al posto di Iniesta e il tridente vero Pedro-Messi-Sanchez. Ma la squadra non c'è, va in campo nella sua versione distratta e giogioneggiante già vista in stagione (tanto per dire, contro il Milan), cosa che si reputava impensabile con tutti i titolari e contro il Real.

Così passati gli spaventi ci mette mezz'ora a imporre il suo palleggio. La partita torna sui binari consueti e alla prima vera occasione Messi parte in verticale, la difesa (in particolare Arbeloa) collassa tutta su di lui e abbandona Pedro, uno che quando c'è da affondare il colpo non manca mai l'appuntamento. 1-0 Barcellona e prima macigno sulla partita.
A questo punto si vedono chiari nervosismo e frustrazione. Il Real inizia ad eccedere nei falli e nelle proteste e proprio alla fine l'arbitro grazia Lass dal secondo giallo per un fallo sul solito Messi. Dalla punizione nasce la perla assoluta di Dani Alves, destro al volo che si insacca all'incrocio, per il 2-0 che chiude il primo tempo e sembra il preludio alla goleada.

E invece no.
Mourinho attinge alla sua panchina, iniziando dal Pirata Granero in mediana. Il Barcellona tiene ancora il pallino del gioco soprattutto con Xavi in cattedra, ma si dimostra poco pungente anche per un Sanchez spaesato (soffre il tridente?). Ma a dare poca sicurezza è ancora la difesa, con Pique e Puyol molto imprecisi e Busquets incapace di fornire adeguato filtro.
Dopo un fuorigioco dubbio fischiato a Pedro lanciato nelle praterie, il Real si sblocca con una semplice azione in verticale di quelle che hanno reso famosa e vincente l'Inter del triplete. Palla a Özil sulla destra che alza la testa e serve il movimento profondo di Ronaldo tra il terzino e il centrale. Saltato Pinto al portoghese resta solo da insaccare il suo ennesimo gol stagionale, secondo consecutivo agli acerrimi rivali (scusate se è poco). Il Barcellona aveva trovato le marcature nel momento migliore del Real, ora tocca agli uomini di Mou ricambiare il favore.
Ancora una volta i blancos si trasformano, e il più pungente di tutti è Karim Benzema, l'ex bersaglio di tutte le critiche dell'allenatore portoghese, che coi suoi tagli fa letteralmente impazzire la linea difensiva catalana. Non è un caso che sia proprio lui a entrare in area da sinistra, saltare Puyol con un sombrero e depositare in rete il 2-2 che cambia la partita.
La qualificazione è di nuovo in bilico. Contro ogni pronostico.
Al Real manca la forza per l'ultimo spunto, l'ultima giocata per sigillare una rimonta che sarebbe storica. Özil, alla sua prima partita di personalità vera a Madrid, regala un altro gran pallone da destra, ma Ronaldo sbaglia. I brividi per il Barcellona ci sono, anche dopo l'espulsione di Sergio Ramos per un secondo giallo esagerato su classica simulazione di Sergio Busquets. Ma il Real con oltre 25 falli a referto poteva aspettarsi una cosa simile.
Le reti non si gonfiano più e il risultato finale è un giusto specchio della gara.

Il Barcellona passa il turno grazie soprattutto all'andata, il Real è ancora una volta a leccarsi le ferite e rimuginare sui suoi errori.
Però stavolta è stata diversa. Non hanno perso e non era facile a Barcellona, dovendo rimontare il 2-1 dell'andata e l'ulteriore 2-0 del primo tempo. Hanno fatto paura agli invincibili rivali con gol e gioco una volta tanto, senza subire o finire in riserva.

Potrebbe essere un bel segnale, una volta tanto, per quel clasico che è destinato a decidere la Liga 2011/2012.

23 gen 2012

Necessità tecniche

L'Inter di Ranieri chiude il girone d'andata al quarto posto, in pieno purgatorio da Europa League.
Posizione non certo esaltante, ma insperata appena due mesi fa quando arrivava la sesta sconfitta stagionale in campionato contro l'Udinese (non a caso terza tre punti sopra).
Molto se non tutto si deve all'allenatore di Testaccio, capace in poco tempo di plasmare dal fango della zona retrocessione una squadra solida in grado di inanellare una serie di vittorie consecutive sinceramente impronosticabile, con la ciliegina della vittoria nel derby.

L'errore è pensare che adesso sia tutto a posto.
Ranieri ha fatto un miracolo. Gestendo la rosa, trovando un modulo adatto per il risultato (lo spettacolo si lascia volentieri ad altri, rigorosamente non in Italia), recuperando giocatori persi. Il campo dice che tutto funziona, ma fermare l'analisi a questo livello è un errore banale.

Occorre ricordare il punto di partenza, cioè il mercato estivo.
Già allora l'Inter aveva delle necessità precise, che sono state colpevolmente perse di vista a causa di una gestione della questione allenatore a dir poco approssimativa. Così non è arrivato alcun ricambio vero, concreto e affidabile per il reparto che dal 22 Maggio 2010 ne ha più bisogno, cioè la mediana. L'unico nome è stato Poli, arrivato in prestito, che ha collezionato più infermeria che campo, con tre presenze in cinque mesi. Alvarez è stato presto dirottato in ruoli più offensivi, mentre Obi paga una certa indisciplina tattica.
Restano quindi i soliti Cambiasso, Motta, Stankovic e Zanetti, i cosiddetti senatori, i giocatori a cui Moratti è tanto attaccato da non riuscire nemmeno a dirgli che potrebbe arrivare un sostituto. Ma gli anni passano per tutti, e per giocare a calcio è importante anche la componente atletica.
Con Stankovic sempre più in difficoltà e alle prese coi soliti frequenti infortuni, Cambiasso e Motta sono stati gli unici titolari di Ranieri. L'argentino sembra sempre più in condizioni fisiche approssimative, mentre la storia clinica dell'italo-brasiliano impone una certa prudenza nell'impiego. Unica opzione di back-up il sempreverde Zanetti, che rimane pur sempre un adattato nel ruolo e a 38 anni un pò di smalto fisico l'ha perso anche lui.
Un pò poco per una squadra impegnata su tre fronti, con partite continue. E a mercato aperto si sentono voci solo sulla cessione di Motta...
Serviva un'opzione più affidabile a Giugno, ne servirebbero due senza cessioni oggi vista l'assenza prolungata di Stankovic (o fiducia a Poli più un nuovo acquisto, il conto è sostanzialmente lo stesso). I senatori, tutti, vanno dosati. Servono giocatori in grado di andare in campo e dare un apporto fisico e tecnico, senza guardare al nome.

In attacco, si pagano le scommesse estive.
Forlan ha giocato poco o nulla per infortuni, Zarate è inadeguato e Castaignos troppo giovane (per quanto decisivo a Siena). Senza la resurrezione di Milito e la scoperta di Alvarez l'Inter si troverebbe in grossissimi guai.
Ad oggi l'Inter ha solo il Principe e Pazzini visto che Forlan è fuori un altro mese. E' anche inutile sottolineare come sia troppo poco. Si può dare fiducia al giovane olandese, ma serve un'altra punta, magari anche in grado di rifinire. Tutto ciò che non è stato l'ex laziale Zarate insomma, evidentemente alla fine della sua avventura in nerazzurro.

Manca una settimana alla fine del mercato, non a caso chiamato di riparazione.
Le lacune ormai sono chiare a tutti, e soprattutto quella a centrocampo è stata penosamente evidenziata anche in Inter-Lazio.
I risultati non sono una scusa per non cercare un miglioramento.
Milan e Juventus, rispettivamente seconda e prima, hanno già operato sul mercato e lo faranno ancora, senza il timore di rovinare degli equilibri, senza paura di sovraffollare la rosa per coprire gli infortuni.
Bisogna ponderare le mosse, ma bisogna intervenire.
Perchè la squadra per la rimonta attuata fin'ora ha dato tutto, ma solo nuove forze fresche possono dare qualcosa di più.

18 gen 2012

Clasico de Copa

La prima eliminatoria per il triplete 2011 vede ovviamente opporsi Real Madrid e Barcellona. Al Bernabeu per la gara d'andata dei quarti di finale della Copa de su Mayestad el Rey.

Mourinho torna al (recente) passato, rinuncia al suo modulo abituale e schiera un 4-3-3 con scelte nuove. In difesa si vede il redivivo e fedelissimo Ricardo Carvalho come centrale a fianco di Tarzan Ramos, affiancati da Fabio Coentrão finalmente nel suo ruolo a sinistra e un sorprendente Hamit Altintop terzino destro (non una novità assoluta per il duttile turco). A centrocampo torna Pepe con Lassanà Diarrà e Xabi Alonso. In attacco tridente con Higuain, Benzema e Ronaldo, tre punte vere, i tre nomi più pesanti, scelta che indica chiara volontà di sfruttare anche il lancio lungo stante l'assenza dell'importantissimo Di Maria.
Guardiola prosegue sempre uguale a se stesso, con la sua nuova formazione titolare che prevede ormai Fabregas da incursore e Sanchez da prima punta.

Il Real non entra in campo con gli occhi iniettati di sangue come l'ultima volta, ma occupa tutti gli spazi, difende bene e prova ad affidarsi al contropiede. Pressing alto senza eccessi, mediani in marcatura attenta sulle fonti di gioco avversarie, punte che si sacrificano. In particolare lodevole il lavoro in tutto il primo tempo di Cristiano Ronaldo, bravissimo a dividersi tra una difesa bassissima su Daniel Alves e le improvvise ripartenze che solo lui può garantire.
Proprio da un suo maestoso scatto in contropiede (sfruttando guardacaso l'assenza di Alves) ottimamente servito da Benzema nasce il gol dell'1-0 al minuto 11. Grazie all'evidente complicità di Pinto il portoghese riesce finalmente a lasciare il suo marchio su questa sfida e il gol subito sembra minare alcune certezze dei blaugrana, che faticano a trovare il solito palleggio.
Nonostante qualche errore non consueto il Barcellona riesce comunque a rispondere con un palo di testa di Sanchez su imbeccata dolce del figliol prodigo Fabregas, un'occasione fallita da Iniesta per (udite udite) un controllo difettoso e impegnare seriamente Casillas con un diagonale di Messi.
Grande lavoro per il Real nei raddoppi in mezzo al campo e prova encomiabile dei due terzini nell'uno contro uno. Alzi la mano chi se lo aspettava da Altintop contro don Andres.
Il primo tempo si chiude dunque con un Real in vantaggio e con l'impressione di poter sfruttare una grande occasione.

Impressione demolita dopo appena 4 minuti, quando Puyol su calcio d'angolo trova il gol del pareggio.
Il gol che non ti aspetti nella situazione meno probabile. Una mazzata terribile per Mourinho e per la distratta difesa del Real, che si fa clamorosamente spostare tutta dal movimento di Pique e lascia il capitano blaugrana libero di insaccare di testa su inserimento giusto osservato da Pepe il suo secondo gol al Bernabeu.
A questo punto la partita cambia.
Il Barcellona ritrova fiducia e nasconde il pallone, il Real si sfilaccia sempre più. Cristiano Ronaldo sparisce progressivamente dal campo senza più toccare palla. Iniesta trova la traversa su tiro deviato. Insomma, il Real passa le redini della partita nelle mani avversarie.
E si accende anche un certo nervosismo, soprattutto per colpa madridista e specificamente di Pepe. Il numero 3 del Madrid meriterebbe l'espulsione per aver calpestato a gioco fermo una mano a Messi, ma l'arbitro non vede. Un giocatore su cui è doverosa una parentesi.

Il portoghese, difensore da 30 milioni di euro, non solo tecnicamente non è mai diventato un top nel suo ruolo, ma si è spesso segnalato per comportamenti fuori dalle righe. Sia per falli violenti quanto insensati (10 giornate di squalifica non arrivano per caso), sia per giocate spesso al limite (vedere l'espulsione dello scorso anno), sia per una tendenza al tuffo che nella partita odierna ha fatto addirittura sembrare un attore consumato come Busquets meno di un mimo da strada. Simbolo assoluto di antisportività.

L'insieme di giocate scorrette è il sintomo che il Real non c'è più con la testa, fatta salva una grande azione sulla sulla destra di Altintop che porta a un palo colpito di testa da Benzema. E il gol del vantaggio del Barcellona nasce da un'altra immane distrazione blanca.
Messi, fino a quel momento autore di una partita del tutto anonima, vede un solissimo Abidal nel cuore dell'area madridista, lo serve con un pallonetto morbido e il francese non perdona, trovando il suo secondo gol col Barcellona.
Guardiola può così iniziare a coprirsi in vista del ritorno sfruttando i cambi, Mourinho prova a tornare al 4-2-3-1 inserendo Ozil e Callejon senza ottenere granchè.
Anzi, salvandosi dal finale in inferiorità numerica grazie all'arbitro che prima mostra a Carvalho un giallo invece del rosso diretto per un fallaccio da dietro su Messi e poi gli risparmia il secondo giallo su un'entrata scomposta.

La rivincita al Camp Nou. Dove servirà qualcosa che sembra molto un'impresa sempre più inverosimile.
Il Real ancora una volta era andato in vantaggio in casa e ancora una volta si è fatto raggiungere e superare.
Mourinho perde ancora nonostante gli accorgimenti tattici.
In generale non si vede chi nel Real possa dare la scossa per cambiare le cose.
Cristiano Ronaldo è troppo solo, troppo defilato e forse gli si chiede anche troppo sul piano fisico visto come si spegne. Higuain e Benzema sono punte e soffrono senza palloni giocabili. Lass Diarrà pensa giustamente solo a difendere e l'unico a inserirsi è di fatto Pepe, che è anche quello coi piedi peggiori. Resta poco da fare a Xabi Alonso, che per quanto provi a cucire il gioco non ha spazi nè tempo nè assistenza.
Nella pessima gestione dei contropiedi (clamoroso nel finale un 5 contro 3 totalmente gettato alle ortiche) si vede chiarissima l'assenza di un regista avanzato. Che però non è evidentemente Ozil, troppo morbido per questi palcoscenici.

Questo Real Madrid, squadra fantastica traboccante di talento, ha un limite psicologico e di personalità.
Riuscirà a uscirne?

6 gen 2012

Venerdì con Aguante Futbol

Buon anno a tutti!
Assieme ai redattori di Aguante Futbol, facciamo il punto sull'attualità attraverso 4 domande.

1) Borriello alla Juve: extra o necessità?
Pile: Per me è assolutamente un extra. Marco Borriello è un giocatore che ha sempre fatto benissimo quando aveva una squadra che giocava per lui ed era al centro del progetto. In questa Juventus si dovrà alternare con altri attaccanti. Un po' la situazione di Roma e Milan, dove non ha fatto bene. E' un giocatore estremamente umorale.
Però posso capire l'idea della società juventina che si dimostra ancora una volta decisamente ambiziosa: hanno visto Matri, che dopo un buon inizio è andato decisamente in fase calante, ed hanno subito cercato un centravanti nel caso in cui l'ex Cagliari continuasse a deludere. Certo, bisogna vedere se Borriello sarà l'uomo giusto o meno.


A.L.: L'acquisto di Borriello da parte della Juve, mi ha nei primi giorni -della trattativa- sorpreso. Intendiamoci, a prescindere dal valore del giocatore -potrebbe tranquillamente prendere il posto da titolare fisso- che in relazione all'organico della Juve -appunto- è indiscutibile.
E' indubbio che la bilancia penda più verso "l'Extra": alla Roma considerato come superfluo, dalle parti di casa Agnelli si è avvertita la situazione con le sfumature più di un affare su cui speculare e di un'occasione da provare a sfruttare, più che una necessità.

G.D.C.: A me più che altro stupisce il fatto che lui, per l'ennesima volta, accetti di essere un extra. A quasi 30 anni forse era meglio andare a giocare finalmente titolare, cosa che tra l'altro ha dimostrato di saper fare bene tra Genoa e Milan. L'ennesimo semestre di transizione della carriera potrebbe trasformarsi in una sentenza per lui.

G.B.: In questo momento è da considerare assolutamente un extra. Mi chiedo se Borriello sia convinto di poter conquistare il posto da titolare oppure se sia soltanto l'ennesima scelta priva di ambizione nella sua carriera.

2) Ancelotti al PSG è l'allenatore giusto?
G.D.C.: In linea col restyling della squadra iniziato in estate. Kombuarè era troppo low profile, con le strategie societarie non ci azzeccava nulla, e nonostante il primo posto ha allenato peggio della scorsa stagione. Ancelotti ha il nome e il curriculum giusti, oltre al suo amico Leonardo come sponsor. In quel campionato con risorse immensamente superiori agli altri non può che vincere dominando, per l'Europa ne riparliamo tra un anno. Curioso di vedere che farà con Pastore, lui che ha creato Kakà.

G.B.: Giulio ha detto praticamente tutto. Soldi, un grande allenatore, soldi, un progetto faraonico, soldi: non credo avranno problemi a muoversi ancora più pesantemente sul mercato attirando giocatori di prima fascia.

Pile: C'è curiosità per questo progetto PSG. Da una parte vedo un maggior freno alle spese rispetto al City di turno (tolti Pastore e appunto Ancelotti), più razionalità. Però forse deve prima acquisire una credibilità, fare un passo che potrebbero fare già in questi 5 mesi, cioè vincere. Ancelotti è un grande allenatore, straordinaria esperienza, è l'uomo giusto per poter aprire un nuovo ciclo vincente.

A.L.: Annunciato, un ingaggio già presente nella storia del PSG ancor prima che si verificasse (ovviamente il tutto relativo a Leonardo).
Aggiungo che se gli acquisti e gli 'unici' -come si fa ad utilizzare un simile termine parlando di PSG- obiettivi sono quelli su cui si vocifera da settimane, criticherei il contesto -Ancelotti- accusandolo di piattezza, dimostrebbe un po' di mediocrità; con quel Budget fossilizzarsi sempre su quei giocatori dal passato Milan, robe ritrite, scelte, ma banali.


3) Sempre in tema allenatori, Simeone torna in Europa, all'Atletico Madrid. Prospettive?
G.D.C.: Simeone lo vedo come un tecnico al bivio. Vive di rendita per quanto fatto ormai troppo tempo fa con Estudiantes e River, ma dopo il titolo coi millionarios in Argentina ha sempre fallito. E l'ultimo semestre col Racing è stato abbastanza clamoroso, con annessi litigi vari coi giocatori. Positiva invece l'esperienza in Italia. Sembra essere un tecnico troppo tattico per il Sud America, andrà bene per la Spagna?

G.B.: A Catania ha fatto abbastanza bene, ma nelle ultime esperienze in Sud America il Cholo ha lasciato qualche perplessità di troppo. Ora arriva in una squadra discretamente disastrata, ma conosce l'ambiente e forse il suo carisma potrebbe essere sufficiente per rimettere almeno un po' di ordine.

Pile: El Cholo è una persona che mi ispira grandissima simpatia. Personalmente, però, non sempre l'ho trovato credibile nel ruolo di allenatore. Non ho abbastanza elementi per poter dare delle prospettive, dipende sopratutto da cosa si aspettano all'Atletico Madrid. Diciamo che la Spagna, per un allenatore bravo, non sarebbe un campionato difficile...ma è difficile esportare una propria cultura, un proprio credo, specie se è tanto diverso dal loro.

A.L.: Sottoscrivo e quoto totalmente il parere di Giulio, che fa da specchio al mio pensiero, uguale. Unica dissonanza la valutazione dell'esperienza in Italia, a mia opinione non pienamente positiva.

G.D.C.: Ma Anto, che doveva fare di più a Catania? E' partito anche male e ha saputo correggersi, adattarsi alla rosa. E a tempo perso ha fatto nascere la carriera in A di Lodi, che senza Simeone sarebbe disperso tra i cento giocatori dell'Udinese.

4) Gilardino saluta Firenze e sceglie il Genoa, come vedete il trasferimento?
Pile: Un cambio necessario. Personalmente però, non so se Genova sia la piazza più giusta. Gila è un finalizzatore, un giocatore che ha bisogno di una squadra che pratica calcio dietro di lui e per lui. La Fiorentina di Prandelli lo era, quella di Mihajlovic/Rossi no. Il Genoa di Malesani assolutamente no. Quello di Marino non so, ma per me i rossoblù hanno le carte in regola per fare un calcio migliore: Palacio avrà una prima punta accanto, forse si vedrò di più l'interessante Jorquera, e Kucka e Constant sono stati troppo brutti per essere veri, possono solo migliorare il loro rendimento.

A.L.: Arriva in un parco attaccanti già foltissimo, in cui però si è tentato di sopperire e di coprire la qualità con la quantità, e Gilardino è una panacea in questo senso.
La sua carriera aveva bisogno di nuova linfa, nuovo vigore, e seppur il Genoa non è il massimo a livello di Club -come blasone-, a Firenze stava lentamente ingrigendosi. Il cambio magari potrà portare stimoli, entusiasmo. Sul prezzo d'acquisto -a prescindere se lo si vede positivo o negativo, da che parte- si potrebbe aprire una bella discussione a parte, che durerebbe non meno di una giornata, sarebbe l'introduzione a una più generale sul CalcioMercato moderno in generale.
Sono curioso di vedere come verrà rimpiazzato, e le scelte da parte della Fiorentina.

G.D.C.: Per lui era assolutamente necessario andarsene da Firenze, era evidente da un anno. A Firenze è finito un ciclo e prima tutti lo ammettono meglio sarà. Il Genoa per contro aveva assoluto bisogno di una prima punta vera che desse garanzie anche minime dopo le scellerate scelte estive. Per il gioco, come dice Pile, vedremo.

G.B.: Avete detto tutto, non c'era una valida motivazione per rimanere a Firenze e il trasferimento era assolutamente inevitabile. Vediamo come si troverà a Genova e soprattutto come lo sostituirà la Fiorentina, a patto che la dirigenza viola abbia ancora un minimo di voglia di competere.