27 ago 2013

La scelta di Samuel Eto'o


Samuel Eto'o è sempre stato un professionista e un professionista si muove per soldi, soprattutto se è uno dei migliori al mondo in quello che fa. A 30 anni dopo due triplete consecutivi ha di fatto scelto di porre fine alla sua carriera ad alto livello, pur avendo ancora i mezzi, per sposare un progetto da quasi 2 milioni di euro al mese.
Il trasferimento all'Anzhi ha fornito dimostrazione tangibile sia di dove l'uomo Samuel Eto'o sia disposto ad arrivare se lautamente compensato (del resto non si dimentichi che aveva fatto più di un pensiero per andare a giocare in Uzbekistan quando non sapeva come liberarsi dal Barcellona) sia del suo status a livello internazionale, perchè non si puntano così tanti soldi su un giocatore se non si crede di avere un forte ritorno.

A due anni di distanza le cose sono cambiate ed Eto'o si trova nelle condizioni di dover tornare nell'Europa che conta. Col suo nome qualcuno lo cercherà sempre, il problema sono le richieste rapportate all'età e ai sostanziali due anni di vacanza.
La scelta pare essere circoscritta a Chelsea e Inter.
La squadra di Londra lo cerca su richiesta di Josè Mourinho, l'allenatore che gli ha permesso di vendicarsi del Barcellona e ha sempre avuto un debole per lui fin dalla prima avventura nella squadra di Abramovic. Il portoghese vuole una punta, possibilmente di un certo spessore, e Samuel sarebbe un perfetto condottiero per tutte le giovani leve dell'attacco anche per il suo grande feeling con la Champions League.
L'Inter lo cerca perchè sa che campione sia e cosa voglia dire averlo in rosa. Può fare la differenza per raggiungere quella coppa indispensabile a fini di bilancio. Eto'o si è trovato bene a Milano e in nerazzurro, ha lasciato un po' frettolosamente tutti in una notte di mezza estate e senza di lui  è calato il sipario. La tentazione di richiamarlo a effetto c'è e a lui piace sentirsi apprezzato.

La scelta in definitiva è sua, visto che l'Anzhi pare disposto a svincolarlo senza oneri. Cosa può influire?
Il Chelsea è una squadra ricca, giovane e (ovviamente) della Premier League, il campionato numero uno al mondo anche per giro d'affari. Sulla carta nessun problema di stipendio, garanzie tecniche da top team, Champions League da giocare con prospettive elevate (del resto l'hanno vinta nel 2012, e l'Europa League nel 2013) e un allenatore tremendamente vincente, carismatico, con cui ci sono stima e fiducia reciproche.
L'Inter è in una delicatissima fase di transizione che coinvolge anche la proprietà, con le casse ai minimi storici, reduce da un sesto e un nono posto negli ultimi due anni, senza coppe da giocare. La Serie A è il quarto campionato in Europa, con outlook negativo. La squadra è un cantiere aperto, con equilibri tutti da trovare e gerarchie da scrivere. Non so cosa Eto'o possa pensare di Mazzarri, ma non mi stupirei se non lo conoscesse nemmeno.

Si capisce benissimo che per Eto'o l'Inter sarebbe una scelta di vita. Accettare uno stipendio ridotto (e per lui contano i soldi), un progetto difficile, come per ricambiare la fiducia avuta nel 2009 e la libertà di scelta del 2011. Venire a Milano da leader assoluto, simbolo, punto di riferimento e quindi accettare oneri e onori di una situazione che sembra al massimo portare a una qualificazione alla Champions League. Basteranno l'affetto e la considerazione?

24 ago 2013

Juan Manuel Iturbe

 
Juan Manuel Iturbe è uno di quei nomi che si sente da anni malgrado il ragazzo sia nato nel 1993 ed è uno di quei nomi da paragone scontato. Piccolo, mancino, velocissimo, gran dribbling, in Paraguay è diventato il Messi guaranì in tempo zero, ovviamente facendo riferimento al primo Lionel più che al realizzatore di oggi.
Nato a Buenos Aires, ma cresciuto in Paraguay esordisce nel Cerro Porteño addirittura nel 2009. Nel 2011 lo acquista il Porto, ma essendo ancora minorenne resta un'altra stagione nel suo club. Nella squadra portoghese trova pochissimo spazio anche per la concorrenza dei vari Hulk, Varela, James Rodriguez e nel 2013 viene quindi mandato in prestito semestrale al River.

Come caratteristiche parliamo di un giocatore molto esplosivo e veloce, sia nel breve che in allungo, con un mancino tecnicamente rilevante. Vive di uno contro uno, sa giocare sull'esterno sia a destra che a sinistra, ha un buon tiro anche se non è un realizzatore. Presenta però i limiti tipici di un giocatore che ha assaggiato poco campo (scarsa capacità tattica, una certa anarchia nel ruolo) e dei giovani di talento che sanno di essere bravi (tendenza a fare tutto da solo, discontinuità). C'è da dire che non ha mai avuto continuità di impiego se non in Argentina, dove pur non incidendo particolarmente (3 gol) era una pedina importante per il gioco di Ramon Diaz.

Il vero tratto caratterizzante è la personalità. Iturbe è un lottatore, ma soprattutto un ragazzo capace di prendere decisioni nette anche mettendosi contro tutti.
A fine 2009 ebbe una seria disputa contrattuale col Cerro rifiutandosi di firmare un rinnovo, e fu escluso dalla squadra.  Considerandosi svincolato si trasferisce in Argentina ad allenarsi col Quilmes, ma al termine di una battaglia legale fu costretto a tornare in Paraguay o a non giocare fino al compimento dei 18 anni, data in cui sarebbe decadduto ogni sul legame col Cerro.
Per quanto riguarda la nazionale, Iturbe ha rappresentato il Paraguay a livelli Under-17 e Under-20. Ha scelto però la nazionale maggiore argentina, facendo infuriare un paese intero che vedeva in lui una grande speranza futura. Da parte dell'AFA fu un vero e proprio furto dato che approfittarono della presenza del ragazzo in Argentina nel 2010 per invitarlo a degli allenamenti della seleccion Sub-20, inserendolo anche nella squadra destinata a fare da sparring alla nazionale maggiore nei Mondiali 2010.

Una testa calda? Forse. Un giovane di carattere di sicuro. Tanto talento quasi del tutto ancora da incanalare, un curriculum già ricco di aneddoti. Rischio o investimento?

12 ago 2013

Le amichevoli dell'Inter


La partita col Real Madrid ha chiuso il calcio estivo dell'Inter. Già il 17 Agosto è tempo della prima partita ufficiale, l'umiliante preliminare di Coppa Italia.
Il ritiro e la tournèe americana hanno visto la squadra impegnata in 8 amichevoli, contro Trentino Team, Vicenza, Feralpi Salò, Amburgo, Chelsea, Valencia e appunto la squadra di Ancelotti. Il livello è chiaramente diverso, con le prime tre partite sostanzialmente di rodaggio, una intermedia e poi la Guinnes Cup. Partiamo dicendo che il livello delle prestazioni tutte è stato fortemente influenzato dai notevoli carichi di lavoro che hanno appesantito le gambe e appannato la lucidità. Tuttavia diversi aspetti sono risultati evidenti.

I numeri parlano di 10 gol segnati e 11 subiti in 8 partite, con 3 vittorie, 2 pareggi e 3 sconfitte. La situazione peggiora di molto se depuriamo il dato dalle amichevoli più semplici. 8 gol infatti sono arrivati contro Trentino Team, Vicenza e Feralpi Salò, contro 1 subito (3-0, 3-1 e 2-0 i risultati), mentre le partite più impegnative hanno visto 2 gol segnati e 10 subiti (1-1, 2-0, 4-0, 1-1 e 3-0).
Purtroppo le scorie degli ultimi anni non si cancellano con un buon ritiro. Che la squadra abbia paura e tenda a scoraggiarsi è evidente, così come è chiaro che ormai le sconfitte siano accettate come normali o addirittura inevitabili.
La difesa è ancora abbadonata a se stessa da un centrocampo anarchico e fisicamente inadeguato, ma i singoli soffrono troppo i tagli e le giocate nello stretto. A volte sembra che manchi comunicazione per come si perdono le marcature e si percepisce una certa leggerezza generale figlia probabilmente dell'abitudine a prendere gol. La linea risulta spesso troppo bassa e pochissimo aggressiva.
Il centrocampo è il reparto messo peggio, come accade costantemente da anni. Il reparto è difficile da amalgamare a causa delle particolari caratteristiche dei singoli, e il risultato purtroppo è inadeguato. Qualche spunto offensivo si trova, la fase di non possesso però risulta assolutamente deficitaria, sia nel giro palla che nella copertura che, anzi soprattutto, nell'opporsi al palleggio avversario. Indispensabile il mercato, inutile girarci attorno. Mazzarri attende da mesi un esterno destro titolare, ma sarebbe il caso di avere anche un nuovo centrale per far accomodare in panchina un Cambiasso ormai inaffidabile. Avrà anche lavorato molto in ritiro, ma in mezzo al campo non riesce a essere sufficiente in nessuna delle due fasi, con rarissimi spunti di classe. Del resto è dal 2010 che non ricopre un ruolo simile, e ci sarà anche un motivo. Ha giocato tutte la partite da titolare rendendo chiarissima a chiunque la situazione. Bella sorpresa Patrick Olsen, che con personalità e applicazione ha dimostrato di avere la stoffa.
Il reparto offensivo, totalmente ristrutturato, paga la giovane età media, l'assorbimento del lavoro, il ramadan di Belfodil e le difficoltà generali del resto della formazione. La squadra ha sempre creato poco e raramente ha tenuto il possesso. Palacio è il totem di riferimento, ma è impensabile chiedergli di fare tutto. Personalmente ho avuto ottime impressioni da Belfodil, che nonostante le difficoltà fisiche ha messo in mostra un repertorio molto interessante. Come movimenti collettivi non si è visto molto, ed essendo un reparto così giovane non si può pretendere che facciano tutto da soli.

La squadra, ripeto, ha di sicuro dovuto assorbire un lavoro fisico pesante (causa primaria del disastro contro il Valencia, per dire), ma l'impressione non è decisamente delle migliori. Poche idee soprattutto in attacco, tanta paura in difesa, troppa staticità, scarso sostegno tra compagni e tendenza a farsi schiacciare bassissimi. Inoltre, un'impostazione affidata decisamente troppo ai lanci lunghi.
Per quanto Mazzarri abbia una sua impronta ben definita come tecnico, è percepibile la difficoltà a portarla sul campo.