31 ago 2017

Il bivio di Claudio Marchisio


Claudio Marchisio è indubbiamente un giocatore importante per la Juventus. Ma a questo punto della sua carriera, che pure certamente non è al tramonto, va fatta una distinzione chiara tra l'utilità tecnica effettiva, di campo, e quella di leadership, di immagine ed emotiva.

La carriera di Marchisio infatti è in un momento critico in bianconero. Il Principino ha avuto una crescita impressionante nel corso degli anni, passando da elemento rimasto in rosa quasi per caso in seguito a Calciopoli a titolare fisso con peso sempre crescente. Gli anni di Conte hanno portato la consacrazione come carrillero, per dirla alla spagnola, ma il suo sviluppo sia tecnico, che di personalità, che di comprensione del gioco hanno portato a promuoverlo come nuovo fulcro del gioco della Juventus dopo l'addio di Andrea Pirlo. Un'investitura non di poco conto. Certo, avere accanto Pogba e Vidal aiutava, ma questo non toglie i meriti del numero 8.
L'anno scorso però le cose sono cambiate. Marchisio ha culminato un 2015-2016 piagato dagli infortuni con la rottura del legamento crociato e questo ha chiaramente lasciato un vuoto nel centrocampo di Allegri per il 2016-2017. Non a caso il tecnico ha impiegato mesi prima di sistemare la sua formazione, optando infine per il varo di un nuovo modulo.
Nel 4-2-3-1, come ovvio, c'è però spazio per soli due centrocampisti. E qui nasce un problema, perché tra la necessità di recupero fisico post rottura dei legamenti e l'ottimo rendimento di Khedira, sorprendentemente anche come continuità fisica, e Pjanic all'improvviso non c'era più un posto da titolare per il vicecapitano bianconero. E questa situazione, di fatto, prosegue ancora oggi, una stagione dopo.
Il nodo è che Marchisio è un centrocampista completo, capace di fare tutto, ma che non ha delle qualità tanto spiccate da superare Khedira o Pjanic in qualcosa di specifico tanto da giustificarne il panchinamento costante. E ora ha la concorrenza anche di Matuidi e e il giovane Bentancur alle spalle. Di conseguenza gioca nei ritagli che gli trova Allegri.

Marchisio però non è il Rincon o il Lemina di turno. A livello di leadership e spogliatoio è una figura importante, forse anche decisiva per gli equilibri. Tifoso bianconero, cresciuto nelle giovanili, simbolo della rinascita e delle vittorie post 2006, ha uno status tale che rende la sua presenza in panchina una nota decisamente stonata. E qui subentra il lato emotivo, di immagine. Marchisio non è un giocatore come tutti gli altri soprattutto per i tifosi della Juventus, soprattutto dopo l'addio di Bonucci. Infatti quando ogni tanto escono delle suggestioni di mercato non sono prese bene dalla piazza. Lasciano il tempo che trovano, ma sono un sintomo chiaro: Marchisio in panchina è una storia strana, che non può durare troppo a lungo.

Il lato emotivo, legato a quanto il centrocampista fa presa sul pubblico, e di immagine è totalmente su una via opposta rispetto a quello tecnico. E in queste condizioni una cessione di Marchisio, magari dopo un buon Mondiale 2018, non sarebbe sorprendente da parte di una società come la Juventus. Che non a caso sta cercando ancora altri centrocampisti. 


27 ago 2017

La Plata è una città per vecchi

Il club Estudiantes de La Plata, uno dei più vincenti della storia del calcio argentino e sudamericano, è finito in un paradosso temporale. O almeno voglio sperare sia così, per trovare una spiegazione alla composizione attuale della sua rosa.

Per far capire in modo immediato il motivo dello stupore, basta vedere la formazione della squadra che ha giocato in Copa Sudamericana contro il Nacional: tra i titolari potete leggere Andujar, Desabato, Braña e Fernandez. Quattro nomi che dovrebbero farvi scattare qualche campanello nella stanza dei ricordi.
Tutti e quattro sono infatti a loro modo monumenti del calcio argentino, ed erano titolari sempre nell'Estudiantes, ma nel 2009, nella finale di Copa Libertadores vinta dal club. Vale a dire otto anni fa. E non erano esordienti, ma giocatori nel pieno della loro carriera.
A centrocampo Braña ha sostanzialmente preso il posto del talento Ascacibar, ceduto allo Stoccarda. In coppia con lui gioca Israel Damonte, facilmente riconoscibile per i capelli platinati: anche lui è un prodotto del vivaio, tornato nel 2013 dopo l'esordio nel 2000. Non ha però vissuto l'epopea vincente 2006-2009. Classe '82, i suoi 35 anni vengono rinfrescati appunto da Braña, che è del '79 e si approssima ai 40. Non che per questo abbia smesso di lottare in campo, come ha sempre fatto.
Parlando di Ascacibar, da sottolineare che l'ex talento del club è nato nel 1997, vale a dire l'anno in cui Leandro Desabato, anche lui classe 1979, ha esordito.

Ma la dirigenza della squadra è andata anche oltre con questa personale operazione nostalgia. Sempre tra i titolari contro il Nacional figura anche Mariano Pavone, storico bomber locale con una parentesi anche in Spagna al Betis. Perché la presenza del Tanque (soprannome di diversi veri numeri nove in Argentina, anche se spesso lo si collega a Santiago Silva) dovrebbe aggiungere un altro mattoncino? Perché Pavone ha esordito nell'Estudiantes nel 2000, ed è stato protagonista di un campionato vinto dai Pincharratas. Nel 2006, quando in pachina sedeva Diego Simeone e lui fu anche vice-capocannoniere con 11 reti. Undici anni fa.
Non finsice qui, perché anche dalla panchina c'è un vecchio leone pronto a subentrare, un altro prodotto del vivaio appena tornato in biancorosso, anche lui tra i giocatori campioni nel 2006: el Payaso Pablo Lugüercio, noto anche per la sua lunga militanza nel Racing Avellaneda.


Sembra una trama da film: la squadra del 2006-2009 è stata trasportata nel futuro, e si trova a giocare il calcio del 2017. Chi mai potrebbe aver messo in piedi tutto questo? Chiaramente il simbolo e l'anima di quella squadra, il presidente del club Juan Sebastian Veron, uno che non ha bisogno di presentazioni. E soprattutto, uno che gioca ancora: il 26 dicembre 2016 si è riunito con i dirigenti mettendosi davanti a uno specchio, è tornato dal ritiro e ha firmato un nuovo contratto da giocatore con l'Estudiantes. Presidente-giocatore, con cinque presenze in Libertadores. Occhio a dare per scontato che non torni ancora anche lui, per ritrovarsi coi vecchi amici.